giovedì 10 dicembre 2015

Come qualche uccello e qualche umano



 
 di Gé Fratello - Uccello del buon augurio
Uccello del buon augurio
Uccelli, come la ghiandaia (Garrulus glandarius – canterino ghiandaio), che ha un canto possente e un po’ ripetitivo e sotterra grandi quantità di ghiande per l’inverno; il fringuello alpino che vive a duemila metri di altitudine (Montifringilla nivalis, da monti e fringilla, cioè dalla famiglia dei fringillidi e nivalis che è nevoso). L’Averla maggiore (Lanius excubitor: Macellaio guardia), un piccolo rapace di venticinque centimetri, che con organizzazione e freddezza riordina le sue prede infilzandole agli aculei di un’acacia o un rovo, da dove vigila e caccia, per poi dilaniarle e nutrirsene. Viene chiamato guardiano per l’abitudine di gridare quando scorge in lontananza un rapace, avvisando così anche gli altri uccelli, per poi coraggiosamente e arditamente, attaccarlo anche se molto più grande di lui[1]. Tanti nomi e tante attività corrispondenti, però c’è anche il cuculo, sì, che fa sempre “Cucù, cucù”, insistentemente, in primavera; probabile motivo per l’attribuzione del nome onomatopeico: Cuculo (Cuculus canorus – Cuculo canoro).
 Si dice che il primo canto primaverile del cuculo è un pronostico di ricchezza per chi lo ode, se si ha una moneta in tasca (anche senza per alcuni) o, comunque, promette la realizzazione dei desideri.
Un simbolo di primavera, insomma, in quel periodo lo sentiamo cantare ossessivamente a pieni polmoni, come tanti altri uccelli, comunque. Il cuculo canta sempre lo stesso motivetto, al punto che in luoghi indefiniti dell’Africa si crede che il canto faccia impazzire il bestiame, nelle ore più calde, accendendo loro il desiderio sessuale[2]. Infatti, è anche un simbolo caro a Era che fu sedotta da Zeus - conosciuto per la sua furbizia - in forma di cuculo e si commosse per l’animale, che si portò tra i seni per scaldarlo e se ne invaghì[3].
 È un uccello piumoso sui trentacinque centimetri, con le gambe corte da arrampicatore e assomiglia in volo a un piccolo falco come il gheppio, oppure a uno sparviero. Le femmine si accoppiano con più maschi (sono poliandriche) e possono fare fino a un massimo di venticinque uova! Tenete presente che gli uccelli, generalmente, fanno da uno a otto uova, raramente dieci o più.  Certo è, che questa specie di cui parliamo (ma in parte anche la famiglia dei cuculidi) è molto singolare ed eccezionale; basta pensare che, essendo insettivoro, si nutre di molti tipi d’insetti, ma anche di quelli disdegnati dagli altri uccelli, come processionarie, bruchi molto pelosi. Particolare è anche la sua caratteristica più scabrosa, quella di deporre le uova nei nidi degli altri uccelli (oltre una cinquantina di specie, tutte di mole inferiore alla sua. Depone un uovo per nido e toglie un uovo dell’ospite), facendole covare dal proprietario del nido; poi, il pulcino cuculo, essendo molto più grosso dei nidiacei della specie ospitante, si occuperà di buttare “di sotto” le uova o i nidiacei nati dell’altro uccello. Infine sarà nutrito e cresciuto come un figlio legittimo, vista l’incapacità dell’uccello ospite di distinguere le uova del parassita e non sarà semplice nutrirlo vista la grossezza del pulcino in confronto ai genitori adottivi, ma di certo lui non lo abbandonerà, forse penserà di avere un figlio un po’ aberrante[4]!
Ogni femmina di cuculo è specializzata su una sola specie ospitante, è probabile che sia la specie da cui è stata allevata[5];si vede che si è trovata bene!
 Sembra sia per le sue abitudini che il cuculo è narrato nelle tradizioni vediche come rappresentante dell’anima umana prima e dopo l’incarnazione, mentre il corpo sarebbe rappresentato dal nido estraneo sul quale il cuculo (anima) va solo a posarsi[6].
È pittoresco capire come il cuculo possa essere un uccello di buon auspicio: come lo è anche nella tradizione siberiana, dove il cuculo è addirittura una guida alla distribuzione della giustizia e rappresenta anche la primavera e il risveglio della natura assistendo lo sciamano e facendo resuscitare i morti[7].
Eppure il cuculo, nonostante le sue pratiche “truffaldine”che creano non pochi problemi alle specie “predate”, è riuscito a farsi nominare “Canorus”, un abile cantante melodioso, seppure sia un parassita; nonostante liberi l’uomo di dannosi insetti. Ma qualche traccia della sua indole resta in qualche dizionario: termini come “cuculiare”, che significa “beffare, canzonare, prendersi gioco di uno facendogli il verso del cuculo”, oppure il significato figurato, poco comune, di cuculo: “persona sciocca e incapace[8]”.
Comunque è una vera maschera - che significa “persona” - riesce a sembrare un falco e non lo è, e poi non gli conviene sembrarlo: ecco la forma che tradisce. Non mangia altri uccelli, non li caccia; nessuno lo considera un rapace, anche se l’aspetto lo tradisce un po’; ufficialmente è un insettivoro, gli serve essere rapace solo da pulcino per eliminare gli altri partecipanti, o nell’invadere il nido altrui per pochi istanti necessari a fare un uovo. Anche se, in fondo, uccidere insetti può essere considerato un atto simile a quello di un uccello rapace.  Ma è un insettivoro, come lo è la Balia: un uccello, più piccolo di lui, che è stato denominato in questo modo perché era spesso osservato nei nidi d’altri credendolo una balia d’altri uccelletti, invece andava a cacciare insetti nei nidi altrui[9]. Un comportamento poco etico, ma non parassitario, che le fece guadagnare il nome italiano balia, che sì non è un’offesa, ma comunque, il suo comportamento appena un po’ irregolare e stravagante è bastato per farsi affibbiare un nome qualificante. Come succede per la Beccaccia (Scolapax rusticola), anch’essa insettivora e definita Scolapax, che significa oggetto appuntito, il suo becco, e Rusticola, che proviene probabilmente da “contadino”, “modi rustici”, per l’abitudine di frugare col lungo becco nella terra[10].
Probabilmente c’è chi sa vendersi bene e guadagnarsi un buon nome, forse proprio facendo cose pazzesche, o al confine della fantasia.
Del resto come può essere arrivato, il cuculo, a mangiare bruchi schifosi e a una demotivazione, tale da non costruirsi nemmeno il nido, rischiando di non far nascere nemmeno i propri figli, correndo da un nido all’altro per fare un uovo? È un comportamento che denota svogliatezza, menefreghismo, pigrizia? Oppure un atto di distaccamento dalla vita normale, dalla coppia, dalla casa, dal rimanere? Può sembrare sia un attaccamento alla vita che un distaccamento. Vedi lo scricciolo, per esempio, un insettivoro, possiede svariati nidi, costruiti in una stagione, molto confortevoli, costruiti con cura e ingegno e che usa alternativamente come rifugio[11].
Può essere che sia riuscito con atto ascetico, il Cuculo, andando alla periferia del vivere, a sopravvivere e ad amare, vincendo sulla rassegnazione e sulla conseguente estinzione, materiale e spirituale? Essere spirituale può essere andare alla periferia del vivere e dell’etica, accontentandosi e sopravvivendo, provando a sopravvivere? Può essere.




                     


[1] A. E. Brehm, Vita degli animali, Uccelli, Istituto Editoriale Moderno, Milano 1968
[2] Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Bur, 2005
[3] Tratto da: Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Bur, 2005 e Corinne Morel, Dizionario dei simboli e delle credenze, Giunti  2006
[4] Tratto da: Pierandrea Brichetti, Luigi Cagnolaro, Fernando spina, Uccelli d’Italia, Giunti, 1986
[5] Tratto da: Gianfranco Bologna, Uccelli, Arnoldo Mondadori Editore, 1983
[6] Tratto da: Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Bur, 2005
[7] Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Bur, 2005
[8] Dizionario Enciclopedico Treccani, 1986
[9] Pierandrea Brichetti, Luigi Cagnolaro, Fernando spina, Uccelli d’Italia, Giunti, 1986
[10] Idem
[11] A. E. Brehm, Vita degli animali, Uccelli, Istituto Editoriale Moderno, Milano 1968

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